Che comunque il nostro Salento2014
Decisi che nella vita avrei fatto lo scrittore quando Gianluca della III C mi sfabbricò le mascelle per motivi a me tuttora ignoti.
Decisi che avrei consacrato la mia esistenza alla letteratura quando Marina della I H – dopo un concitato tête-à-tête nei cessi della scuola – rispedì al mittente la mia voglia di copula con corollario di schiaffi e calci ne’ coglioni.
Decisi che la penna sarebbe stato il mio unico attrezzo quando alla prova di lancio del peso scagliai la sfera a 87 centimetri dalla mia postazione (mentre la mia clavicola miagolante protestava alla corte di Strasburgo).
Decisi per l’esilio in un mondo da me appositamente ricreato quando Berlusconi in tv ci annunciò che l’Italia era il paese che lui amava;
quando cinque anni più tardi D’Alema decise di rieducare Belgrado con un po’ di bombe umanitarie;
quando sette anni dopo Zidane fallì di un nonnulla l’assassinio di Materazzi;
e il Paese si rispecchiò in Lippi e Cannavaro.
Avrei fatto della scrittura un’occasione per ridisegnare la mia vita e pervenire alla gloria, alle cene pagate, alle suite riservate, ai tranci di fica.
Andai dal Maestro per una sorta di benedizione.
E il Maestro mi disse: “Comunque uno che scrive non è affatto un soggetto interessante. Lo è molto di più uno che sfabbrica le mascelle alla gente”.
Ci penso spesso, quando correggo le bozze dell’autobiografia che sto scrivendo (come ghostwriter) per Bondi Sandro da Fivizzano.
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