Niente da fare. Negli ultimi giorni ho spulciato i siti dei principali quotidiani alla ricerca di aggiornamenti sul delitto di Avetrana e, a parte dei link invisibili in fondo (ma proprio in fondo) alle pagine di alcuni giornali, non ho trovato nulla.
Tra l’altro, questi link rimandavano ad articoli ormai in archivio.
Voglio precisare che il mio interesse è stato suscitato dall’improvvisa scomparsa dell’avvenimento dall’immaginario collettivo, deciso appunto dai media.
Non che fosse la prima volta, succede sempre così: spariscono di botto.
Avetrana è tornata ad essere un luogo inesistente, un paese qualunque del sud Italia; Salento, Calabria, Campania o, addirittura, Basilicata, una regione esotica situata tra la Calabria e la Puglia.
Dopo più di un mese di accurate(?!) attenzioni, che avevano dato vita ad un fiorente turismo, o forse dovrei chiamarlo pellegrinaggio, Avetrana è stata abbandonata al suo destino, salvo tornare alla ribalta periodicamente nel prossimo futuro, quando inizierà il processo e ogni volta che ce ne sarà bisogno.
Ora è tempo di bunga bunga. Come si fa a non rimanere affascinati da questa espressione? Una parola ripetuta dal suono ritmico, che rimanda a riti ancestrali e istinti primordiali. Ma il suo significato originale non è proprio edificante, visto che il dizionario online di inglese colloquiale spiega, con una prima definizione datata 21 aprile 2004, che il bunga bunga è un selvaggio e brutale stupro di gruppo, prettamente anale, anche se poi lo lega a racconti leggendari di tribù africane fittizie.
Ma questo non cambia il succo della questione. Grazie al nostro rappresentante, però, il 29 ottobre scorso è stata aggiunta una seconda definizione: “rituale erotico tra un leader potente e diverse donne nude”.
Ma lui se ne fotte: ”meglio guardare le ragazze che essere gay”, si difende. Per carità, è la sua opinione, sarà condivisa da chissà quanta gente, anche da chi in pubblico dirà di non condividerla.
A me, più che farmi riflettere sull’essere d’accordo o meno, ha fatto pensare ad altri celebri aforismi come: ”meglio un giorno da leone che cento da pecora” o ad un più pertinente “meglio un giorno in piedi che una vita in ginocchio”.
Ecco, quest’ultimo lui di certo non lo condivide, dato che ne ha fatta inginocchiare di gente davanti a sé, anche per un sol giorno, dietro la promessa di una vita in piedi.