Dal predellino al gabbiotto il passo è breve
Oggi è proprio una giornata di merda. La classica giornata di merda.
Per me, dico.
Perché fuori c’è il sole, la temperatura è mite, insomma ci sono tutti i presupposti per una giornata all’insegna dell’ottimismo, dell’allegria.
E invece mi sono svegliato così come mi ero addormentato ieri, scoglionato e stanco. Un po’ per vari cazzi miei, un po’ perché non se ne può più. Ma proprio più. Lo so che non è da adesso, è solo che questa agonia è troppo lunga, stiamo fermi da troppo tempo, e ancora l’incedere è incerto.
Quello che chiama lì, dice due cazzate e poi chiude. Scena già vista.
Mentre ascoltavo, senza tanto interesse, le solite accuse a Ballarò, immaginavo il luogo di origine della telefonata. Un uomo in accappatoio, con un cordless in mano, circondato da troie seminude, incantatori di serpenti, sigari, vodka di quella buona regalata dall’amico russo, tappeti in pelle umana, Topolanek, cesti di frutta esotica, caviale di quello pregiato (perché lui il tonno in scatola non lo mangia da decenni) sempre regalato dall’amico russo.
Dopo un sonno agitato a causa di tali pensieri, mi sono svegliato stamattina con in mente il 14 dicembre. Mancano ancora tre settimane al 14 dicembre. Sono in ansia. Se cadesse stavolta, dovrebbe essere definitivo.
E potrebbe essere un nuovo inizio.
Ma non riesco ad essere ottimista; quasi un anno fa, in una grande manifestazione contro di lui, uno degli slogan era “Dal predellino al gabbiotto il passo è breve”(ed è greve, amava aggiungere un mio amico), ma intanto sono passati dodici mesi ed è ancora lì. Ad oggi, mi basta che se ne vada e, una volta andato via, che non si senta più fiatare.
Dobbiamo fare presto, il tempo stringe davvero ormai.
La velocità con cui stiamo precipitando e di gran lunga maggiore di quella con cui reagiamo.
P.s. : se lo dovessero eleggere Presidente della Repubblica, andrei io a farmi esplodere al Quirinale.