Quella di ieri era una data importante.
E anche se oggi – l’oggi di voi che leggete – non è ieri, adesso, nel momento in cui scrivo è proprio quel giorno: l’8 dicembre. Il vostro ieri.
Ecco, adesso che ci siamo chiariti, veniamo al dunque.
Oggi, 8 dicembre, cade un anniversario importante.
Trent’anni fa, a New York, moriva Lennon. Il pacifista rompiballe che l’America non voleva là.
Il cieco innamorato di una bruttona come Yoko Ono.
Lo sperimentatore allucinogeno con la fissa per l’India.
Eppure.
Eppure John Lennon è stato un rivoluzionario.
E i rivoluzionari spesso rompono le palle. E non si fanno piacere da tutti.
Anche quando sono popolari come lo è stato lui.
E forse una lezione importante è che essere troppo popolari non conviene.
Si rischia troppo.
Anche se sarebbe bello essere come lui, perché prima di essere mandato all’altro mondo da Chapman, John Lennon ha fatto un sacco di cose.
I Beatles, per fare l’esempio più palese.
Imagine, l’inno dei pacifisti, una canzone semplice che fa emozionare anche oggi.
I Bed-in di protesta.
Ecco, il Bed-in di protesta mi è piaciuto subito.
Anche io passerei settimane a letto, di sicuro non con Yoko Ono, per protesta.
E poi anche io sceglierei di chiudere la carriera con un disco rock’n’roll che rimanda alle origini. Fa figo.
Anche se preferirei non incappare in Mark David.
E quindi, a ben vedere, forse mi conviene rimanere me stesso.
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