In generale si possono individuare due diversi modi di agire.
Uno le cose può farle con la testa. Può ragionare, individuare diligentemente i pro e i contro e poi prendere una decisione secondo convenienza, profitto o utilità.
Oppure, senza badare alle opportunità in gioco, può decidere di agire in modo disinteressato, impulsivo e passionale.
In questo secondo caso si può dire che a comandare è il cuore.
Il cuore visto non come organo che permette al sangue di scorrere nelle vene e al corpo di vivere, ma, secondo il senso letterario del termine, come quella parte dell’essere legata all’anima, al sentimento, all’emozione.
Il cuore come organo eletto.
Che permette all’uomo di dimostrarsi tale.
Ai sentimenti di esistere.
Alla gioia e al dolore dell’animo di essere provati.
Un privilegio. Una dannazione.
Il cuore.
Che il cuore l’abbiano tutti gli esseri viventi è sicuro.
Che tutti possano, in egual misura, agire col cuore, in quel senso poetico e letterario cui si accennava, è meno certo.
Chi mai può giurare di aver visto una giovenca patire le pene del cuore?
Chi potrebbe asserire che il cuore di un cane sia più grande di quello umano?
Forse qualcuno potrebbe obiettare che spesso questo fantomatico cuore appartenga più alle bestie che agli umani. Ci sarebbero anche troppe evidenze in favore di questa tesi.
Ma, se così fosse, dovremmo stare tutti più attenti.
O forse potremmo semplicemente smetterla di agire tanto con la testa. Per iniziare a farlo col cuore.
E in effetti ci sono sempre stati quelli che hanno abbandonato il raziocinio in favore della follia.
Dell’estremismo sperimentale. Dell’abbandono all’istinto. Dell’impulso.
Sono i più grandi.
Gli inarrivabili.
I geni folli.
Come lui. Come il Capitano. Il Capitano dal Cuore di Manzo.
Captain Beefheart. Che, purtroppo, ci ha abbandonato.
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