Oggi al bar tirava un aria bipartisan. Si parlava, con grande parsimonia di congiuntivi e proposizioni subordinate, del momento difficile che sta attraversando questo Paese nostro. “Ahi serva Italia, di dolore ostello…”, declamava Nicola (impiegato del catasto in malattia da tre legislature) ordinando un boccale di Vecchia Romagna.
C’era un clima di collaborazione, oggi al bar. Regnava la paratassi nei commenti degli avventori, ma nessuno si è azzardato a fare del qualunquismo. L’ultima volta che uno si è azzardato a dire: “Ah, ma alla gente cosa gliene frega…” lo abbiamo finito lì sul posto a colpi di vecchie bottiglie (piene) di Rabarbaro Zucchi conservate appositamente per questo tipo di occasioni.
Era il momento delle assunzioni di responsabilità, oggi al bar. E nessuno si è tirato indietro. Beppe, invalido di derby (deve fare a meno di una gamba da quel furioso Atalanta-Cremonese del novembre ‘84), si diceva disposto a un governo di larghe intese, finché il bar non fosse riuscito a ristrutturare i suoi debiti con le banche. Beppe beve molto e male, ma oggi si diceva pronto a prendere in gestione, insieme ad altri, il bar. Avrebbe fatto rientrare i suoi valori epatici nei parametri di Maastricht, con una politica decisa di tagli sulla Sambuca. “Ma ora dammene un’altra, o rischiamo la destabilizzazione”, ha fatto Beppe al barista, un ex ministro della Difesa caduto in disgrazia dai tempi dello scandalo Lockheed.
Si percepiva il vento del cambiamento, oggi al bar. “Bisognerebbe avere più coraggio – diceva Pino, ex maresciallo dell’Aeronautica fresco di assoluzione per la strage di Piazza della Loggia – bisognerebbe passare dai liquori all’acqua minerale”. Trasformare il Cin cin e tremori in un acqua bar? “Questo ci chiede l’Europa”, ha chiosato Artemio, ex maestro di kung fu coinvolto nel delitto Pasolini.